Educare con le meccaniche o con l’ambientazione?

Educare con le meccaniche o con l’ambientazione?

Parliamo di giochi da tavolo. O di società. O di carte. In generale di giochi che realizzano con un regolamento (insieme di meccaniche di gioco) un’ambientazione. Il significato (ciò che si vuole raccontare) e il significante (ciò che si usa per raccontarlo).
Spesso sentiamo chiamare giochi educativi, giochi di ambientazione storica, scientifica, o di altre materie parte del canonico percorso di formazione. Noi riconosciamo nel gioco di ambientazione almeno tre livelli formativi: il rispetto del regolamento, che ha già una grandissima valenza sociale, l’ambientazione, la cui conoscenza puramente nozionistica è indubbiamente un valore e l’applicazione delle meccaniche, che segue invece un percorso esperienziale perché mentre l’ambientazione è raccontata e appresa, la meccanica è applicata, ovvero, all’interno del gioco, è vissuta.
Nella mia infanzia, negli anni ’70, girava un’aneddoto che per me fu illuminante sulla potenza formativa delle meccaniche contro l’ambientazione: “‘Non voglio che fumi, che bevi alcolici e che dici parolacce, porca puttana!’ Disse il padre al figlio spegnendo il sigaro dentro al suo whisky”
L’efficacia educativa dell’esempio vale mille volte di più di quella del messaggio e quando i due sono in conflitto, non vi sono dubbi riguardo chi prevalga.
La cosa migliore è che siano sinergici, ma un’ambientazione didattica non sostenuta da meccaniche in grado di farla “vivere” ai giocatori, ha scarsissima valenza educativa. Non sei d’accordo?

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